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donna che, ai sensi del diritto nazionale, non ha alcun vincolo giuridico di cittadinanza con alcuno Stato
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L'articolo 1 della Convenzione sullo status degli apolidi definisce come apolide una persona non automaticamente considerata cittadino ai sensi della legislazione di alcuno Stato. Ma, accanto a questo status giuridico (apolidia de jure), esiste anche l'apolidia de facto; è questo il caso di molte donne la cui cittadinanza è praticamente inutile o che non sono in grado di dimostrarla o verificarla. L'apolidia de facto riguarda in particolare le donne, ad esempio quelle vittime della tratta, i cui documenti sono stati, ad esempio, sequestrati o rubati, o le donne migranti prive di documenti, tra cui le richiedenti asilo, che talvolta non sono in grado di dimostrare la propria cittadinanza e quindi risultano essere di fatto apolidi. Le leggi sulla cittadinanza possono inoltre discriminare, direttamente o indirettamente, le donne esponendole al rischio di diventare apolidi in misura maggiore rispetto agli uomini. L'apolidia può derivare, ad esempio, dall'impossibilità per una donna di trasmettere la propria cittadinanza, dalla perdita della cittadinanza a seguito del matrimonio con un cittadino straniero, dal cambiamento di cittadinanza di un coniuge nel corso del matrimonio o dalla privazione della cittadinanza per effetto di pratiche discriminatorie. Anche la registrazione della nascita è strettamente collegata al godimento da parte della donna e dei suoi figli del diritto alla cittadinanza. In pratica, la discriminazione indiretta, prassi culturali e la povertà spesso impediscono alle madri, in particolare le madri nubili, di registrare i propri figli in modo paritario rispetto ai padri. La mancata registrazione della nascita di un bambino può compromettere o impedire l'effettivo godimento da parte sua di una serie di diritti, tra cui il diritto alla cittadinanza, al nome e all'identità, all'uguaglianza di fronte alla legge e al riconoscimento della capacità giuridica, oltre a comportare difficoltà di accesso alla protezione diplomatica e lunghe detenzioni in attesa dell'accertamento delle prove dell'identità e della cittadinanza.